Thursday, June 27, 2013

unu entu! unu entu!

C'è una barzelletta sarda (proprio sarda nel senso che è diversa dalle altre barzellette che potete sentire, perchè si sa che i sardi, di tutte le cose che sono nel mondo, hanno una loro versione. Come, per esempio, dello yogurt, della polenta etc. ... l'elenco è molto lungo, come questa parentesi).
Ma dicevamo, la storia fa così: un tizio racconta a un suo amico che un giorno, tra sé e sé, pensava: "unu entu! unu entu!" (traduzione "ma che vento! ma che vento!"). Chiosando: " 'ndì gallu de sa motu, accabbau su entu!" ("mi fermo e scendo dalla moto, è finito il vento.").
Ecco: oggi, a Reykjavík, non siamo ancora scese dalla moto.
Forse, questa città è anche il posto del non ovvio: se piove non ti bagni, se c'è il sole non sono per forza le dieci del mattino, se un frigo fa rumore - abbondante rumore - non è detto che stia funzionando.
E, se c'è il vento a 37 km/h, non è detto che tu stia andando in moto.




Sunday, June 23, 2013

l'importanza dell'acca

Dopo aver visionato diverse abitazioni (da quella della ragazza col moccolo perenne a quella che ci ha spaventate anche solo vedendola dall'esterno);
dopo aver disquisito di Vibo Valentia con un tizio tatuatissimo che ci ha accolto con un enorme trapano in mano nonché invitato ad "immaginare" la casa/garage in cui avremmo dovuto abitare, visto che lui non l'aveva ancora diciamo terminata;
dopo essere state tentate di prendere in affitto un appartamento con un bagno spartano persino per gli stessi islandesi - non proprio dei fissatissimi in materia - proprio sopra un noto gay-pub "a little noisy" pure a detta del proprietario.
dopo tutto questo ed altro ancora, eccoci: siamo nella nostra nuova casa, finalmente.

Ci è costata mille spaventi e una lunghissima trattativa via e-mail con l'amico Jóhann, agente immobiliare di Leigulistinn (che pare essere il mezzo più serio di trovar casa, se non conosci abbastanza gente da poterti affidare al passaparola).
In realtà, non è proprio proprio la casa che Jóhann ci aveva mostrato e che avevamo deciso di prendere in affitto. Quella per cui ci eravamo dette "figurati, è disponibile dal 19 ottobre 2012... vuoi forse che non sia libera tra un paio di settimane, quando saremo di ritorno a Reykjavik pronte ad entrarci con tutta la solennità del caso?".
Ecco, effettivamente, no: non si è rivelata più né libera, né pronta ad accoglierci.
Ma noi diciamo: per fortuna!
Perchè, nel frattempo, si è liberato il monolocale al piano superiore, che ci garantisce la vista-oceano!
Per avere queste benedette chiavi, però, abbiamo sudato sette camicie (che, moltiplicato per due, fa quattordici. E ancora non abbiamo una lavatrice... fate voi): dopo che i due tentativi di bonifico italia/euro --> islanda/corone islandesi si sono divertiti a non andare a buon fine, noi, sfogline risolute, siamo andate a prenderci comunque la casa di persona, negli uffici di Jóhann.
Non prima di aver fatto una breve sosta, a causa della pronuncia non proprio precisa del nome del nostro ormai quasi-amico, nell'ufficio del collega Jón (senza h). Il quale, giustamente, insisteva nel dirci "ma io non avevo alcun appuntamento con voi".
Manco noi con te, Jón, se è per questo.
Ma insomma, spiega che ti rispiega, ecco che Jón si illumina e ci porta nell'ufficio di un divertitissimo (maledetto) Jóhann.

E quindi, dopo quattro notti trascorse dormendo come due sacchi della spazzatura su un pelosissimo materassino gonfiabile da campeggio, ora eccoci qui, nel nostro appartamentino di fronte all'oceano, con soltanto un letto nuovo nuovo (la giornata trascorsa in compagnia di Ikea e dei suoi fantasiosi dipendenti meriterebbe un capitolo a parte) e due appendi-abiti.
E un mini-lavello + mobile base + pensile, fortunatamente già presenti in loco.

Manca tutto il resto, ma ci stiamo attrezzando.

Reykjavik, noi ti abbiamo scelta, per un anno almeno: tu, per favore, amaci e trattaci bene.