Saturday, July 13, 2013

ricomincio da tre

1. HO LE MIE COSE
2. SONO SOLO UN PO' STANCA
3. HO MAL DI TESTA


Questa settimana, le ho dette tutte e tre.
E non erano mica scuse che si tirano fuori nelle circostanze che ben sappiamo.



1. HO LE MIE COSE.

Anzi, vogliamo strafare: ABBIAMO LE NOSTRE COSE.
Our personal belongings!
Gli scatoloni sono arrivati, finalmente!
Lo scotch ha retto. Siamo felici.

Ah, l'importanza di portare con sé qualcosa di familiare, quando si espatria!
Vabbè, magari noi abbiamo esagerato.
Bastavano anche meno di 350 chili di personal belongings, forse. Una tazza, per dire.
Però quanto conforto si prova, nell'aprire le scatole in un susseguirsi di "ohhhhh", per ogni oggetto che ne salta fuori!
Così, come se ci fossimo mandate dei regali di benvenuto da sole.
Che tonte.

Ci abbiamo messo un po', ma tutto il contenuto dei dieci scatoloni ci ha seguito diligentemente su per le scale, fino ad occupare ogni centimetro quadrato del pavimento di casa.
Siamo sempre senza mobili; l'ambiente fa ancora un po' di eco. Attutita, però, dal tappeto di personal belongings sparpagliati ovunque.
Ti volti e c'è un mestolo che ti guarda sorridendo. E' quasi casa.




2. SONO SOLO UN PO' STANCA.

Lo ammetto: sto piangendo moltissimo. Un po' fontana malata (dopo vent'anni, mi si presenta l'occasione per ringraziare la docente membro della commissione d'esame di maturità che, durante la prova orale di italiano, mi fece leggere la poesia di Palazzeschi. Fu davvero bello deliziare gli astanti con quei versi. Ricordo con serenità le risate dei compagni - cretini. - al mio declamare l'incipit "clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, chchch").

Ma sto piangendo moltissimo, dicevamo.

Un po' per tutto:
- nostalgia
- sorpresa, al mio provare nostalgia
- sprazzi di felicità, al palesarsi di un timido raggio di sole
- comprensibile spaesamento
- pre-mestruo
- foto di cani; disegni di cani; cani in carne e pelo; sempre cani, anche in lontananza. Non ho ancora provato coi peluche. Vi farò sapere.


L'altra sfoglina giustamente si/mi pone la legittima domanda "cosa c'è?", alla quale io rispondo, a seconda del momento:

a. sgranando gli occhi e scuotendo solo la testa (sto piangendo, non riesco a fare altro)
b. sono solo un po' stanca.

In realtà, ci sono momenti - quando ho freddo, o quando guardo annunci di lavoro in islandese (google translate è ormai la mia seconda casa) - in cui vorrei salire sul primo aereo verso sud. E piango. Ma la risposta giusta da dare, lo so, è: sono solo un po' stanca.




3. HO MAL DI TESTA

Vero. Ultimamente, ce l'ho spessissimo. Ma stai a vedere che sono solo un po' stanca.




A parte questo, sono davvero contenta che tu, Springsteen Bruce, abbia scelto la data di Roma ( = quando io non c'ero... e non è che capiti spesso, quando suoni in Italia) per regalare al tuo fedele pubblico la tanto agognata "New York City Serenade". E mi riempie di piacere sapere che, per farlo, tu abbia pensato di farti accompagnare dall'Orchestra Roma Sinfonietta.

In mille su quel palco, e io non ero là sotto, Maledetto.

Ma sono felice per chi ha potuto gustarsi il momento (peste vi colga tutti quanti, disgraziati).


Altri aggiornamenti dalla settimana appena trascorsa:
c'era Ryan Gosling, qui a Reykjavik!
No, non lo abbiamo incontrato.
Pare, tuttavia, che ogni islandese, invece, sì.
Addirittura lo hanno visto quando, distratto da chissà quali eventi, ha tamponato lievemente l'auto che precedeva la sua.
Però non era Ryan Gosling. Era tale Júlíus Pétur Guðjohnsen, che tornava dal funerale della nonna, poveretto.
Júlíus dev'essere abituato a questa curiosità morbosa delle genti, visto che, dice, tutti non fanno altro che dirgli quanto assomigli all'aitante attore.
Ecco Júlíus.

Vabbé, soprassediamo.

Comunque il vero Ryan Gosling c'era davvero. Solo che non ha tamponato nessuno.




Ultima nota di colore: nonostante cerchiamo di mimetizzarci tra gli autoctoni, veniamo ancora considerate miseramente turiste.

Gli autisti degli Strætó, in modo particolare, zelanti zelanti, tutte le volte che prendiamo il 14 per tornarcene a casa (in una zona un po' decentrata, ma mica poi tanto), si sincerano - "Hvert ert þú að fara?" - che siamo su quell'autobus perchè proprio in quella direzione dobbiamo andare, e non perchè ci siamo perse.

"I thought you were tourists", poi ci dicono.

Quasi un po' come a Troisi in "Ricomincio da tre", però al contrario.


Aspetto con ansia il giorno in cui verremo ignorate dall'uomo al comando del mezzo pubblico.



2 comments:

  1. Forza e coraggio sfogline!!!
    Ma Springsteen Bruce non lo viene a fare un concerto in Islanda? Così poi magari vi suona tutte quelle canzoni bellissime e tristarelle (tipo If I should fall behind o più semplicemnte Streets of Philadelphia) che fanno piangere e che non fa MAI ai concerti (che ti possino, a te che fai solo le canzoni allegrotte ai concerti!) e allora potete piangere con più cognizione di causa?

    Un abbraccio dalla Svezia!

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    1. Ma sai che Springsteen Bruce non ci ha mai suonato, in Islanda? Ovviamente, non lo sapevamo, quando abbiamo scelto l'Isola come teatro della nostra gloriosa avventura.
      In compenso, eccoti una gustosa storiella che risale a qualche anno fa: http://www.icelandreview.com/icelandreview/daily_news/?cat_id=16567&ew_0_a_id=141796 (fossi stata lì, avrei perso il dono della parola per sempre)
      Ma poi... il freddo, la nostalgia, le canzoni tristarelle, i palazzi di Parigi: ma chi ci ammazza, a noi? :-)
      Un abbraccio da Reykjavík!

      p.s.: comunque, "if I should fall behind" e "streets of philadelphia" le ho sentite entrambe live (la prima mi ha persino stufata). Sarò pur anziana per qualcosa!

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